Biolife è la società in contenzioso con la regione che ha fornito solo una parte del materiale sanitario concordato, ricevendo un anticipo di 4,9 milioni di euro. Dai sospetti dell’antimafia al denaro in viaggio verso Tirana e incassato da una misteriosa azienda locale
- La regione Lazio, guidata da Nicola Zingaretti, ha assegnato una commessa da 27 milioni di euro per materiale sanitario a una società i cui titolari sono stati segnalati per rapporti con ambienti criminali.
- L'affidamento della fornitura è stato dato alla Internazionale Biolife, società di Taranto, a fine marzo, in piena emergenza sanitaria. Camici e tute isolanti non sono mai arrivate, le mascherine sì. La regione aveva versato per tutto il materiale un anticipo di quasi 5 milioni, già incassati dalla ditta tarantina.
- Di quesi, oltre 4 milioni sono finiti a una misteriosa società albanese, di cui era azionista un’italiano e adesso una manager che ha lavorato in Svizzera.
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La regione Lazio, guidata da Nicola Zingaretti, ha assegnato una commessa da 27 milioni di euro per materiale sanitario a una società i cui titolari sono stati segnalati per rapporti con ambienti criminali. L'affidamento della fornitura è stato dato alla Internazionale Biolife, società di Taranto, a fine marzo, in piena emergenza sanitaria. Camici e tute isolanti non sono mai arrivate, le mascherine sì. La regione aveva versato per tutto il materiale un anticipo di quasi 5 milioni, già incassati dalla ditta tarantina. È una storia in cui si incrociano funzionari pubblici e imprenditori sotto processo, personaggi sospettati dall’antimafia e avvocati «vicini ai servizi» che fanno i mediatori. Manca l’ultimo capitolo: dove sono finiti i soldi. Per capirlo bisogna andare in Albania, dove c’è una misteriosa società di una manager, residente in Svizzera. Questa impresa albanese ha incassato 4,2 milioni di euro da Biolife per una forntirua di altre mascherine, «neanche una utilizzabile», fanno sapere da Internazionale Biolife. Andiamo con ordine.
Gli scudetti con il dirigente
Biolife è la società, ora in contenzioso con la regione Lazio, che ha fornito solo una parte del materiale concordato ricevendo 4,9 milioni di euro di anticipo su 27 milioni di euro. Una commessa notevole per un'azienda con 3 dipendenti, un fatturato di 330 mila euro e un utile nel 2017 di mille euro. Può sembrare strano ma tutto nasce grazie alla passione per il calcetto.
Alla voce serie A, calcio a 5, su Wikipedia c’è una sezione dedicata ai giocatori pluri scudettati. Tra questi l’attuale presidente del Coni, Giovanni Malagò, ma anche Renato Botti e Dario Roscioli. A fine anni Ottanta giocavano nella stessa squadra. «Sì, eravamo un bel gruppo» conferma Roscioli, «Botti lo conosco da allora, a lui ho chiesto che se fossero servite mascherine avevo un’azienda, la BIolife, che poteva procurarle». Roscioli è un imprenditore nel settore alberghiero, finito ai domiciliari nel 2013 e oggi a processo per bancarotta.
Renato Botti, invece, è il dirigente dell’area sanità della regione Lazio. È Botti ad aver fornito il numero di Roscioli, insieme a quello di altri imprenditori, alla dirigente della regione, Lorella Lombardozzi, che li ha chiamati tutti, ha ascoltato le proposte e poi ha girato tutto alla protezione civile regionale, che ha firmato i contratti. E così che la società Biolife di Taranto ha ottenuto la maxi commessa da 27 milioni di euro.
Ombre dei clan
Quasi 30 milioni affidati con il passaparola e pochi controlli sul socio dell’epoca di Biolife, sospettato, come abbiamo raccontato a settembre, dall'antimafia di rapporti poco chiari con ambienti criminali. Sospetti che ricadevano anche su un altro attuale azionista. L’accordo da 27 milioni tra la società di Taranto e la regione Lazio risale a fine marzo. Dopo le prime spedizioni andate a buon fine, il sequestro, a fine agosto, da parte delle autorità italiane di un container pieno di camici e tute, fa scattare l’allarme.Alla mancata consegna del resto del materiale promesso, gli uomini di Zingaretti decidono di rescindere il contratto, dopo aver versato, però, i 4,9 milioni dell’acconto.
Antonio Formaro, socio della Biolife fino ad agosto scorso, è citato in un'inchiesta sul traffico internazionale di droga in stretta connessione con altri personaggi «contigui ad associazioni criminali di stampo mafioso».Lui dall'assetto societario, ma entra Francesco Oliverio.
Nei documenti dell’antimafia emerge però che Oliverio è inserito in ambienti «collegati alla criminalità organizzata». Per tracciare il suo profilo gli investigatori citano le «connessioni» di Oliverio con affiliati al clan Belforte della camorra casertana e uomini legati a cosa nostra di Catania. «È un reato avere amici, prendere un caffé? Non ho niente a che fare con persone legate ai clan», dice Oliverio che aggiunge di essere ancora socio della Ruggiero immobiliare che controlla Biolife, ma soprattutto di essere ancora consulente commerciale della società tarantina.
I soldi in Albania
Proprio dalla figura di Oliverio si snoda l’ultimo capitolo della commessa di dispositivi di protezione anti Covid ambientanto in Albania. Oliverio era alla ricerca di aziende che potessero procurare mascherine. Così si è rivolto a Frog, società farmaceutica con sede a Tirana destinataria «tra il 17 marzo 2020 e il 20 aprile 2020 per complessivi euro 4.288.000», emerge dai documenti bancari, che rivelano, perciò, come i soldi incassati da Biolife dalla regione siano finiti a una società albanese.
Titolari della Frog, operativa dal novembre 2018, erano due imprenditori: l’italiano Vincenzo Nuzziello e l’albanese Mirela Ndoci. Il primo deteneva il 70 per cento delle azioni, la seconda il 30 per cento. Nuzziello era stato coinvolto in un’inchiesta a Bari e poi assolto. Nel 2018 ha venduto nei mesi scorsi le sue quote alla donna albanese che è rimasta così l’amministratrice unica della società.
«Frog non ci hanno fornito prodotti utilizzabili, stiamo per distruggere 4 milioni di mascherine, anche camici e tute sono sotto sequestro. Chiediamo un risarcimento e la restituzione dei soldi», dice Luciano Giorgetti, procuratore legale di Biolife.
Mirela Ndoci di Froga dice il contrario: «Noi abbiamo ricevuto i soldi e abbiamo fornito il materiale. I nostri avvocati hanno mandato anche i certificati a Roma e siamo in attesa. Abbiamo presentato un prodotto e loro l’hanno acquistato. A noi non è arrivata nessuna richiesta da Biolife».Ndoci è stata anche sentita dalle autorità giudiziarie albanesi su impulso dei magistrati italiani, indagano la procura di Roma e Taranto, che vogliono ricostruire la rete dei soldi.«Mi hanno ascoltato, non sono indagata e ho chiarito ogni cosa, gli inquirenti albanesi lo hanno riferito ai loro omologhi in Italia. Ho le mascherine a Durazzo, ma Biolife non le ha ritirate». Verrebbe da pensare che i rapporti commerciali tra Biolife e Froga siano conclusi e che si incontreranno solo nelle aule di tribunale per cause e contro cause. E invece c’è un colpo di scena ulteriore: «Sono ancora in contatto con Biolife per la fornitura di altro materiale, ci sentiamo tutti i giorni, hanno dei consulenti commerciali bravissimi», conclude la titolare di Froga. Il contatto è sempre lui Francesco Oliverio che, secondo i racconti di Giorgetti, doveva essere fuori dalla società.«Non è che i rapporti commerciali li interrompi da un giorno all’altro, aspettiamo l'arrivo guanti, tute, visiere da destinare a imprenditori italiani», dice Oliverio. Biolife e Frog, nonostante tutto, fanno ancora affari.
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